Avv. Diego Maggio - consigliere delegato Consorzio per la Tutela del Vino Marsala
dal sito www.consorziovinomarsala.it
Parla inglese il primo capitolo di questo racconto misterioso e suggestivo come poche altri nella stessa Sicilia profonda di Pirandello e del Gattopardo.
La... nascita del Marsala é databile 1773. Fu proprio in quell'anno, infatti che John Woodhouse - commerciante di Liverpool - mentre, in cerca di ceneri di soda, veleggiava al largo della costa occidentale siciliana con il suo brigantino Elizabeth, fu indotto da una tempesta di scirocco a cercar rifugio nel porto di Marsala. Lui ed il suo equipaggio ebbero così modo di degustare il vino locale, forte e robusto, maturo e solare: il perpetuum.
Il vino, prodotto in Sicilia da queste parti, veniva abitualmente invecchiato in grandi botti di buon legno. Dopo un lungo periodo, ne veniva prelevata una certa quantità, alla quale si sostituiva un quantitativo uguale di vino giovane. L'operazione si ripeteva dopo un certo numero di anni e più volte ancora. In tal maniera si assicura nel tempo un amalgama sapiente tra vini uniformi di età diverse: questo procedimento continuerà "in perpetuo".
La medesima consuetudine era applicata al di là dei Pirenei, con la particolarità che tale miscelazione tra prodotti di diverse annate avviene spillando il vino da una botte situata nella fila più bassa (quella più vicina al suelo), che veniva ricolmata dal vino travasato per caduta dalle botti collocate nelle file (criaderas) superiori. Tale ingegnoso processo - assurto poi a metodo davvero professionale ed applicato anche per il Marsala - viene chiamato soleras.
Woodhouse, volle prima verificarne il gradimento e ne spedì 50 pipes (412 litri ognuna) in Inghilterra, avendo l'accortezza di aggiungervi acquavite da vino, per non alterarlo durante il viaggio per mare.
Gli Inglesi decretarono a quel prodotto un'accoglienza trionfale anche perché il Marsala proveniva da quella ellisse climatica da loro stessi chiamata the sun belt - "la cintura del sole" - che dal Portogallo si estende fino alle coste della Turchia, passando per la Sicilia (situata proprio al centro) e la Grecia insulare: una fascia baciata da Dio e abitata da popoli di terra e di mare.
Fortified wines: così sono definiti i prodotti che nascono in questo territorio la cui storia ha visto quali protagonisti grandi viaggiatori, vigneti lussureggianti, stive ricolme di botti, sapienti miscele fra il mosto di prima spremitura e l'eau de vie, l'acqua della vita, cioè l'acquavite da vino.
I Woodhouse misero radici a Marsala, comprarono uve e vigneti, impiantarono un grande stabilimento, edificarono bagli a Petrosino ed a Baronazzo Amafi.
Ben presto la fama del Marsala si diffuse, specialmente fra i connazionali del suo scopritore.
Sopravvive integro un manoscritto che reca la data del 19 marzo 1800 nonchè le firme autografe dell'eroe di Trafalgar, ammiraglio Horatio Nelson, duca di Bronte, e dello stesso John Woodhouse: forse si tratta del primo vero contratto di acquisto di questo vino. Contemplava l'impegno a fornire sollecitamente five hundred Pipes of the best Marsala al prezzo di One shilling and five pence Sterling per Gallon alla flotta di Sua Maestà Britannica nella rada di Malta. Da allora, le stive della Royal Navy e le cantine di Buckingham Palace ne rinnovano sempre le scorte. Perché ritenuto vino degno della mensa di qualsiasi gentiluomo.
Richiamati dalla buona eco commerciale del nuovo liquoroso, anni dopo giunsero a Marsala altri inglesi intraprendenti: primo fra tutti, nel 1812, Benjamin Ingham, all'epoca un autentico prototipo di uomo d'affari a tutto campo. Anche lui edificò una immensa wine factory, proprio by the sea, lungo il mare a poca distanza dal pioniere Woodhouse.
Nel 1851 Ingham, ormai diventato l'uomo più ricco della Sicilia, lasciò la direzione aziendale al nipote Joseph Whitaker. Nel 1884 fu Giuseppe Whitaker, detto Pip, a legare il suo nome all'ulteriore espansione del commercio di Marsala. Lo ricorderemo sempre, anche per l'incommensurabile suo contributo in campo archeologico: la scoperta dell'isola di Motya e il suo successivo acquisto. La Fondazione Whitaker, ancora oggi, veglia su quest'isola/scrigno che potrebbe presto essere dichiarata "patrimonio mondiale dell'umanità"
L'epopea dei Florio
Nel frattempo, l'esempio imprenditoriale aveva cominciato a contagiare anche alcuni coraggiosi personaggi locali. La svolta "italiana" fu impressa nel 1832 da Vincenzo Florio, originario di Bagnara Calabra. Business man poliforme anche lui, insediò il suo baglio sul fronte del porto, fra quelli dei due colossi britannici. Insieme a suo figlio Ignazio - divennero entrambi senatori del Regno - determinò il cambiamento radicale della Sicilia di allora, dando impronta ad una borghesia illuminata ed operativa che soppiantò una stanca aristocrazia ed impose quest'isola come faro culturale europeo. Le 99 navi della Compagnia Florio trasportarono il Marsala in tutto il mondo, reggendo la concorrenza della flottiglia commerciale inglese.
Sbandieravano proprio l'Union Jack i bastimenti ormeggiati nel porto di Marsala che dissuasero i Borboni dal cannoneggiare le camicie rosse di Giuseppe Garibaldi e dei suoi Mille che sbarcarono dal Piemonte e dal Lombardo l'undici maggio 1860. Il Generale "eroe dei due mondi" - si diceva fosse astemio - tornò poi due anni dopo. E dal 1862 il Marsala che gli piacque si chiama appunto G.D. cioè Garibaldi Dolce.
Fin dai tempi dei suddetti "gattopardi" anglo-siciliani e di altri illuminati imprenditori locali (che - oltre che nel commercio - furono autentici protagonisti di un'epoca anche nello stile e nella cultura) il Marsala divenne il vero gioiello dell'enologia italiana, restando a lungo l'unico vessillo del made in Italy nel mondo.
Lo sviluppo fino al 1890: gli altri produttori
L'esempio di Vincenzo e di Ignazio Florio fu la molla scatenante della "corsa al Marsala". Come sempre accade nella storia, tanti furono gli uomini che si lanciarono in questa avventura, che appariva portatrice di grandi profitti. Alcuni di essi erano già o divennero buoni imprenditori, capaci di contribuire attivamente all'espansione del mercato del Marsala e di distinguersi per rilevanza e qualità di produzione. Altri lasciarono comunque un segno duraturo nei tempi.
Tanti i nomi che si incontrano negli "annali" del Marsala: ricordiamo Salvatore Amodeo, il Cavaliere Grignano e poi Carlalberto Anselmi, Giacomo Mineo, Pietro Cudia, Nicola Spanò, Procopio Mirabella, gli Oneto Spanò. Ed ancora, "Don" Diego Rallo, uomo di grande umanità e cultura imprenditoriale.
Fra le Ditte autoctone più antiche (ed ancora fiorenti) vanno menzionate la Martinez (1866), la Carlo Pellegrino & C. (1880), Pipitone Spanò (1880), i Fratelli Lombardo (1881): aziende che assicurano il presente del Marsala e delle quali diremo ancora in seguito.