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La Commissione Ecumenica  ha permesso di portare avanti il progetto, nato in seno alla Caritas e alle catechiste, di comunione tra le diverse chiese cristiane presenti sul territorio, con la collaborazione dell’Ufficio Ecumenico Diocesano.                                  

"Dolce voce di Pastore"

Ez. 34, 11 - 14  “ Così dice il Signore Dio  : ecco io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna ………… Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti di Israele.  Là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza.  “ -
 
Gv. 10, 14  “ Gesù disse : Io sono il Buon Pastore – Conosco le mie pecore e le mie pecore  conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre e do la mia vita per le pecore “ –
 
Solo   due   brevi  esempi  per testimoniare che tutta la Scrittura, dal  Vecchio  al Nuovo  Testamento, è pervasa dalla tematica bucolica : il pastore e le pecore sono figure tipiche di una società, quella di Israele, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia.
Dio stesso è Pastore , Gesù  è il Buon Pastore , Pastori sono definiti oggi tutti coloro che sono chiamati a guidare le Chiese.
La metafora del Pastore è dunque passata gradualmente , attraverso i secoli, dalla  civiltà pastorale alla civiltà tecnologica, esprimendo in mondo mirabile due aspetti  apparentemente contrari  : il Pastore è nello stesso tempo una persona forte, capace di difendere e guidare il suo gregge, ma  anche un uomo buono, ama le sue pecore come figli, le conosce ad una ad una, una conoscenza che presuppone familiarità ed intimità e che si manifesta con il tenero abbraccio e con la voce del richiamo.
 
Il  Pastore è perciò una guida che ama, un capo-servitore che cammina al passo delle pecore, che instaura con esse un rapporto di conoscenza unico, che lascia sempre aperta la porta del suo ovile ricco di foraggio, perché  nessuna resti senza sostentamento, pronto a recuperare le pecorelle smarrite anche a costo della propria vita.
 
Il buon cristiano, come il pastore, va in cerca dei fratelli che si sono smarriti in un mondo sbandato, i poveri, i piccoli, gli indifesi, gli increduli ;  impara a riconoscere le loro voci in mezzo  al frastuono della vita odierna, là dove le malattie, la violenza e la miseria diffondono paura ed angoscia .
 
Tutti noi, genitori, docenti, dirigenti, politici, dovremmo essere pastori di anime, ma c’è in mezzo a noi qualcuno che sente più forte questa  responsabilità , perché ha ricevuto, dall’alto o dal basso, poco importa, un incarico ufficiale  cioè guidare una comunità  :  il nostro Padre spirituale, Giuseppe  Ponte, come Arciprete  della Chiesa  Cattolica, il giovane e bravo Alessandro Esposito come Pastore Valdese, ed ora la nostra carissima Pina Giacalone che, da pochi giorni, ha cominciato a svolgere, con grande entusiasmo, il delicato compito di Pastore Pentecostale.
 
Dice Gv. 10,13 : “  Al mercenario non importano le pecore “
E’  vero,  i mercenari sono falsi pastori, restano insensibili di fronte ai problemi dei loro fratelli, invece  i veri Pastori si fanno carico di tutte  le sofferenze umane e  cercano di alleviarle con il sostegno materiale, con il conforto dell’amore e con la dolce voce della parola.
Siamo orgogliosi di avere come amici e compagni di viaggio tre belle persone come voi :  un buon padre come Giuseppe,  un bravo figlio come Alessandro,  un’amica  affettuosa e comprensiva come  Pina .
Cercheremo di sostenervi,  pregheremo insieme a voi   perché il nostro e il vostro impegno sia sempre guidato dalla Parola, l’unica strada per chi cerca risposte alla vita, alla morte, al dolore e al futuro.
 
               26 febbraio 2013                                                      Lella  Civello
                                                                              Responsabile Commissione Ecumenica
                                                                                   CHIESA   MADRE    MARSALA  
 
 

SETTIMANA ECUMENICA DI PREGHIERA PER  L’UNITA’ DEI CRISTIANI

CHIESA MADRE – MARSALA- 23 GENNAIO 2013

Camminare come figli della terra

Gen.  2, 4 – 9  << Il racconto dell’Eden >>
“ Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e  buoni da mangiare, e  l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.”
Gen. 2, 15
“Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”
La lettura biblica che avete ascoltato è il cosiddetto secondo racconto della creazione.
Il primo racconto ci fa conoscere il Dio trascendente che crea  con la Parola.
Il secondo racconto ci fa conoscere il Signore Dio, così viene sempre indicato, che pur nella sua  regalità e maestosità, è un Dio molto vicino all’uomo, spesso presentato come un uomo : impasta l’argilla come un vasaio, pianta gli alberi come un giardiniere, dialoga con le sue creature, come un padre, come una madre, non è  onnisciente né onnipotente.
Sembra quasi una narrazione storica che ha come sfondo un luminoso giardino in cui l’uomo, voluto e amato da Dio, vive serenamente, godendo dei frutti della terra in una situazione protetta: un giardino recintato fertile e fiorito, un paesaggio esistenziale ideale, un Paradiso terrestre.
Ma dietro l’apparente narrazione storica c’è tutta la rappresentazione del progetto divino della creazione : c’è la mappa del sogno di Dio, c’è un filo segreto che, partendo dalla creazione, ricerca le cause, il significato della vita umana, del rapporto tra Dio e  l’uomo, del rapporto tra la natura e l’uomo.
Ed è proprio quel <> che va letto e riletto, alla luce della vita dell’uomo sulla terra ieri, oggi, domani.
Il Signore Dio ha lasciato l’uomo libero di scegliere tra il  << bene e il male >> sempre: nel suo rapporto con la divinità, con gli altri esseri umani, con il mondo esterno, con quel   giardino  , che gli è stato donato perché  lo coltivasse e lo custodisse, non perché lo sfruttasse e lo distruggesse.
Ecco perché oggi abbiamo fatto una scelta nuova in questo nostro incontro annuale di preghiera per l’unità dei cristiani.
Abbiamo scelto un tema che ci è molto caro e che si può riassumere in poche   parole : << CAMMINARE COME FIGLI DELLA TERRA >>.
Vivere cioè come figli della terra, amare e proteggere la terra-madre, avere attenzione per il   CREATO che è stato fatto per noi, ma non è <>, non possiamo e non dobbiamo abusarne.
E allora la questione ecologica non è solo un problema politico  ed economico della società laica, è anche e soprattutto un problema di consapevolezza e di responsabilità individuale vissute nella Fede.
Noi cristiani, noi gruppo ecumenico, coscienti come siamo di essere parte della creazione e destinatari dei doni di Dio, dovremmo, tutti i giorni, curare la natura con stili di vita rinnovati, e vivere come custodi del creato.
Allora mi chiedo : << Seguire un percorso ecumenico può aiutarci a maturare progetti e prospettive ecologiche ? >> .
Forse si, se, accanto alle ragioni della Scienza, tutti insieme cerchiamo di ascoltare le ragioni della Fede.
L’eco-giustizia infatti è radicata nei valori del sentire religioso, e l’amore per la natura, dimenticato e calpestato da molti, deve invece essere nutrito e coltivato da noi credenti qualunque sia la nostra confessione.
Lo stupore  per la vastità del creato e la posizione speciale che noi occupiamo nel creato stesso, sono alla base di ogni esistenza e il libro della natura ci offre le pagine più belle, basta leggerle senza arroganza e senza presunzione cogliendone il senso religioso.
Lo ha fatto con grande intensità Leopardi con il suo famoso idillio :<< L’infinito>>.
Cos’è l’infinito per Leopardi? Può essere il nulla, può essere il tutto, può essere l’annientamento, ma può anche essere Dio con il creato << e il naufragar m’è dolce in questo mare >> dice l’ultimo verso dell’Idillio leopardiano.
Oggi, tutti insieme cattolici, pentecostali, valdesi soffermiamoci un po’ a riflettere, leggendo alcuni versi tratti da testi religiosi e non . Sono tre inni di lode a Dio di tre epoche diverse.
Salmo 104 –“ Inno a Dio creatore” considerato il “ Cantico delle creature” biblico.
S. Francesco d’Assisi “Cantico delle creature “ mirabile espressione del Cristianesimo Medievale.
D. Maria Turoldo –“ Per un cantico nuovo “ poesia – preghiera” del ‘900 molto vicina alla nostra sensibilità di cui leggerò alcuni versi:
Lodate il Signore
Lodatelo perché esiste
E gioca nella creazione
E gode della stessa mia gioia.
Lodate il mio Signore
Per ogni tristezza e dolore,
per ogni goccia di gioia
nascosta nelle cose
Questi versi ci fanno pensare che ci sia ancora una <> .
Molti di noi, ma soprattutto i giovani  e gli anziani  si sentono rinnovati quando sono a contatto con l’armonia della natura . <>  e ancora << Se vuoi la pace, custodisci il creato >> . Queste parole, pronunziate da Benedetto XVI , in occasione della giornata mondiale della pace  2010,   risuonano come monito per l’intera umanità. 
La terra è una risorsa non rinnovabile, tutelare la terra significa tutelare le generazioni future.
Mettiamo dunque al centro del nostro impegno sociale, etico e  religioso la responsabilità, perché la natura, tiranneggiata dallo sviluppo, tende a rivoltarsi ed ogni sopruso fatto per interesse personale diventa fattore, non solo di disastro ambientale, ma anche di disuguaglianza e di ingiustizia.
<< ….. un giorno un uomo inventerà un esplosivo incomparabile …. Ci sarà una  esplosione enorme che nessuno udrà e la terra, ritornata alla forma di nebulosa, errerà nei cieli >>  terribile profezia questa che chiude il romanzo << La coscienza di Zeno >> - 1923 di Italo Svevo.
Spesso sappiamo fare, ma non riusciamo a prevedere le conseguenze del nostro fare; questa incapacità ci spinge  verso grandi rischi che non possiamo più arginare, immersi, come siamo, nel caos e nel rumore insopportabile di un progresso a tutti i costi.
Nel mattino del mondo, invece, <> e nel silenzio si udì soltanto la Parola di Dio .<< Dio creò il cielo e la terra >> e più avanti << Dio vide che era cosa buona >> 
La bontà, la bellezza, la gioia ci guidi in questo momento di crisi e di sconforto.
Dalla situazione di difficoltà venga per ciascuno di noi un richiamo per un cambiamento di mentalità. Non sia la libertà egoistica a dominare la nostra esistenza nel Creato, sia piuttosto un atteggiamento di responsabilità cosciente, di gioia profonda e di solidarietà ecumenica. --
                                                                                                                                                         Lella Civello
                                                                                                                              Responsabile Commissione Ecumenica
                                                                                                                                              Chiesa Madre - Marsala
 

CELEBRAZIONE NATALIZIA ECUMENICA

22 dicembre 2011

P: Chi avrebbe potuto credere che il Messia è proprio il bambino nato a Betlemme, in assoluta povertà e cresciuto da Maria e Giuseppe?
È proprio lui il Figlio di Dio, che continua a nascere nei cuori di chi lo desidera, lo invoca, lo accoglie e poi lo segue e vive e tutto ciò dopo l’incontro: l’incontro con Lui.
Vero Andrea?  Le nostre vite non sono cambiate dopo l’incontro con Gesù?
 
A: Si, Simone, è vero!   Da quando il Maestro ci ha invitato a seguirlo, vivo una vita che sembra non appartenermi.   Non sono più l’ Andrea di prima, di quando non riuscivo a vedere aldilà del mio lavoro, della mia fatica di pescatore, delle mie mani aggrovigliate alle reti, del mio capire solo se nell’aria c’era bonaccia o soffiassero i venti.
 
P: Infatti, ogni giorno, mare permettendo, andavamo a pesca e proprio uno di questi giorni, mentre gettavamo le reti, udimmo la voce di un uomo che ci disse: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”.    Che strano modo di rivolgere la parola a persone che non si conoscono, usando una così altrettanto strana espressione.
 
A: Una sola frase pronunciata ha procurato un’effetto così rilevante nella mia e nella tua vita.   Parole semplici, intessute di incertezze ed incognite, è vero!, ma così efficaci, che hanno fatto scoccare una scintilla, un’attrazione così forte da desiderare di stare con Lui ogni attimo della nostra vita, senza riserve e senza rimpianti.
 
P: Proprio così!  L’uomo camminava “per conto suo”, lungo la riva del mare di Galilea, ci vide, ci passò accanto, ci invitò a seguirlo e mentre, in cuor mio, mi chiedevo chi fosse e chi si sentisse di essere per parlarci in quel modo, già lo seguivamo senza curarci più della barca, delle reti;   mi sono meravigliato di me stesso.    Io, con il mio carattere impulsivo, irruento, sicuro di me e delle mie decisioni, invece di rispondergli con qualche cattiva parola e mandarlo via, tacciandolo di essere un folle, mi sono sentito sciogliere come neve al sole, di fronte alla sua presenza, al calore della sua voce, al suo intenso sguardo………e lo abbiamo seguito, senza neanche pensare di doverne parlare a casa con le nostre famiglie.    STUPEFACENTE.   COSA STAVA AVVENENDO?
 
A: Pietro, anche a me è successo la stesa cosa.   Un vortice di sensazioni nuove, di emozioni intense, forti, hanno catturato il mio essere, la mia volontà, che ormai si era disposta a seguirlo.    Si è sprigionata in noi, come dal nulla, un’immensa fiducia verso di Lui, che ha provocato la compromissione della nostra vita con la sua, con il suo destino e la  decisione di fare di lui il centro della nostra esistenza, perché in quell’incontro si era stabilita, irreversibilmente, una relazione d’amore, si era instaurato un’indissolubile rapporto intimo con il NOSTRO SIGNORE.
 
P: Noi discepoli di Gesù:  io e tu, Andrea.   Da pescatori di pesci a pescatori di uomini. Cominciavamo a capire.    Con questa chiamata, Gesù è nato nel nostro cuore e siamo stati inviati, subito, a raccogliere uomini, con il compito speciale di prospettare loro la vera vita, di cui avrebbero goduto alla fine dei tempi, se, dopo l’annunzio del Regno di Dio, si fossero convertiti a Lui.    Persino mia suocera, che chissà cosa pensava di me, della mia scelta e del Signore, al suo primo incontro con Lui, guarita dalla febbre che affliggeva il suo corpo e sicuramente la sua anima, immediatamente si predispose a seguirlo.
 
A: Siamo andati con Lui fin dove Lui è andato, siamo stati testimoni oculari di un evento che ha cambiato la storia del mondo, il destino dell’umanità.     E, come noi altri hanno seguito il Maestro.    In ogni luogo visitato con Lui e per Lui, Puntualmente, la sua Parola ha raggiunto i cuori, i cuori disponibili ad accoglierla, producendo i suoi effetti vitali:  le difficoltà vengono affrontate con coraggio, i bisogni sono soddisfatti, i corpi sanati, le catene della schiavitù spezzate.    Se non lo avessimo seguito, Pietro, avremmo perduto sicuramente la più grande opportunità della nostra vita.    Non avremmo goduto della sua vicinanza, della sua Luce, della sua pace, del suo amore.    Saremmo rimasti pescatori sconosciuti di una Galilea altrettanto sconosciuta, ultimi fra gli ultimi.    Non avremmo avuto la gioia di condurre a Gesù e alla salvezza eterna altri esseri come noi.
 
PINA TERESI – Conclusioni
 
Maria ed io, per la nostra riflessione congiunta, ci siamo calati nei panni dei primi chiamati al discepolato.
Accogliere la chiamata del nostro Signor Gesù, così come hanno fatto Pietro e Andrea, in modo così repentino e volontario, sembra a prima vista una modalità di risposta che non si concilia al nostro comune modo di pensare e di intendere la “vocazione”.
Infatti spesso siamo convinti che essa possa essere rivolta soltanto a delle persone non comuni, speciali, uniche, le quali l’accolgono senza alcuna fatica perché dotate di particolari requisiti carismatici o di una fede non umanamente concepibile.
In realtà, sia il vecchio testamento che il nuovo ci fanno intendere chiaramente che la chiamata di Dio è rivolta a comunissimi mortali, senza particolari doti e carismi, forniti, solo a volte e non sempre, di quel briciolo di fede, quanto un granel di senape, che li induce a rispondere istantaneamente: SI e AMEN.
La vocazione alla sequela è assolutamente per tutti, per coloro che sono avanti negli anni come è stato per Abramo e Mosè e per i giovani come invece è successo a Davide, Geremia e Maria, la madre di Gesù, per fare degli esempi.
La chiamata al discepolato è un’alta e suprema vocazione, è vero, ma il nostro Signor Gesù non ha bisogno di gente speciale, perché è Lui che rende speciali con le virtù del Suo Spirito e con i suoi talenti.
Tutti, dunque, possiamo accedere, liberamente, al discepolato, ma questo comporta, naturalmente, la nostra resa incondizionata alla Sua Volontà, il cambiamento del nostro modo di intendere le priorità della vita.
Sembra un’impresa difficile, perché la richiesta della sequela ci porta a considerare l’abbandono dei pesi materiali e dei legami affettivi di questo mondo, ma ciò non è affatto vero in quanto Colui che ci ha rivolto l’invito è in grado di sopperire ad ogni nostro bisogno, ad ogni nostra necessità.
“Venite a me, voi pescatori di pesci, perché io vi farò pescatori di uomini”.
“Venite a me, ci dice ancora Gesù, perché io vi alleggerirò e vi conforterò: il mio giogo è leggero!”    Gesù si è caricato dei nostri pesi! 
Tutto diventa facile con Gesù se accettiamo il suo invito che è ancora valido oggi, per questo Natale 2011.    In questo periodo Egli bussa alla porta del nostro cuore perché è lì che desidera nascere ed essere custodito con amore.
Gesù, ancora oggi, ci invita e desidera con tutto il suo amore pescarci e inserirci nella trama della rete del Suo Regno e ancora desidera farci pescatori di uomini. 
     
MARIA MIRABILE – Conclusioni
 
Cari fratelli e sorelle nella fede, sicuramente, nel corso della storia della nostra vita, e precisamente, quell’indimenticabile giorno, Gesù è passato e ci ha chiamati, invitandoci a seguirlo.
Probabilmente sta passando proprio in questo momento e si sta avvicinando ancora a noi, cercando i nostri occhi, per posare su di essi il suo sguardo e amarci.
Tutto questo per manifestare a noi il suo desiderio di averci accanto, per condividere insieme la vicenda umana, nella sua quotidianità, secondo i precetti del suo amore che santifica.
Proprio noi, che ci sentiamo uomini e donne comuni, siamo invitati a dare sfogo alle capacità che possediamo, per dono di Dio, e comunicare alla società in cui viviamo e al mondo intero, che è giunto il tempo di volgere il proprio sguardo verso chi cerca di incrociarlo, nella speranza di vivere più dignitosamente e non dover più sopportare l’onta della sperequazione.
Siamo chiamati ad essere autentici testimoni del Signore, attraverso l’impegno responsabile di servizio alla Chiesa tutta, in quanto pietre vive che la sorreggono, ma che a loro volta sono sorrette dalla pietra angolare che è Cristo Gesù.
L’augurio che questo giorno ci rivolgiamo vicendevolmente è quello che, in un momento in cui si vivono le crisi del mondo, che stanno portando l’umana società al fallimento, per l’iniquo agire dell’uomo, noi, discepoli di Gesù, con la nostra risposta generosa alla sua chiamata, possiamo gridare al mondo intero che Egli, Signore della nostra vita, è presente più che mai nella storia, per la salvezza di tutti gli uomini, e vuole agire attraverso le nostre opere.
 
                                                                                AMEN  -  ALLELUJA   
                                                                                                  Buon Natale
VOCAZIONE DI MIRIAM
Dubbi e incertezze della giovane Miriam dopo lo sconvolgente annuncio datole dall’arcangelo Gabriele.
 
Miriam esce di corsa dalla casetta, sbattendo con impeto la porta.   
Il cuore le batte forte: sembra esploderle in petto.   
La fresca brezza del meriggio estivo le blocca il respiro.   
Non sa che fare.   Si guarda attorno sconsolata.   Le sue compagne di gioco sono ancora attorno al pozzo e le loro allegre risate la infastidiscono.
Non ha voglia di vederle, né di stare a sentirle. Vuole solo andare via. Fuggire lontano. Mettere spazio, tanto spazio, tra lei e quanto è accaduto in quella stanza.
Vuole spingersi verso la collinetta, fino al luogo dove si erge il muretto di pietre nude, che a volte serve di recinto e di riparo a qualche piccolo gregge e dove spesso si rifugia, quando desidera restare sola con se stessa.
Ma, come muoversi se le gambe non la reggono, se il fiato le si smorza in gola?
Con fatica raggiunge il luogo desiderato cercando di non farsi notare dalle amiche: ormai non ha più niente da spartire con loro!   E poi, non vuole vedere nessuno.  Non vuole parlare con nessuno.  
Si butta a terra, in posizione fetale, disperata:  il capo racchiuso in grembo.  Una frescura trasuda dal terreno umidiccio: le provoca un brivido di freddo, che le attraversa la schiena, le gambe, le braccia.
Il calore provato, prima, quando la figura angelica le si era visualizzata nella stanzetta e le aveva parlato, ora si tramuta in tremiti, in singulti, in singhiozzi.
Le lacrime le scendono copiose, forti.   Piange senza ritegno.   Forte.
Perché tutto questo è capitato a me, proprio a me?   È una domanda a cui non riesce a dare risposta e che si pone solo ora.         
Prima, non si era posta nemmeno un dubbio.  Era lì serena, tranquilla, attenta, sicura.  Solo un calore,  che le scendeva dalla testa ai piedi e che poi le saliva fino alla gote e l’aveva fatta arrossire…… balbettare.  E…… poi quelle parole, ferme, di accettazione quasi gioiosa, di accoglienza più che serena, le erano sgorgate in bocca così senza nemmeno pensate!
Non poteva essere stata lei a parlare, a dire sì, a sentirsi onorata per quell’annuncio. Un annuncio che ora le si parava davanti in tutta la sua grandezza.   Enorme per una ragazzina, quasi….. una bambina ancora.
Ed ora, come affrontare una situazione del genere?   Sono stata pazza, pazza!   Come dirlo ai miei?   Cosa dire, poi?   E Giuseppe?   Come dirlo a Giuseppe?   Cosa mai penserà di me?   Lui, un uomo così integro, sano, giusto!   Cosa andrà a pensare della sua Miriam?   Mi condurrà davanti agli anziani e, davanti a tutti, mi riverserà tutto il suo sdegno, tutto il suo odio.
E tutti lì, pronti, a guardare con disprezzo e a dire:  la piccola Miriam incinta?   Anche lei una svergognata come tante!
Che ne sarà di me?  Derisa, calpestata e coperta dalle pietre lanciate da ciascun membro della comunità.
A morte la peccatrice di Nazareth, diranno!   E lì, tutti a gridare il mio nome: Miriam, Miriam!   Lo sento già nelle mie orecchie, il mio nome.  Miriam, Miriam.   Forse è mia madre che mi sta chiamando.  No!  Forse è il vento, come quel soffio che ho sentito attorno a me nella cameretta, poco fa.
<< Miriam, Miriam, dolce Miriam tu sei beata! >>  Ancora quella voce, quasi un dolce suono, una musica che le penetra dentro, che la risolleva!
<< Beata, beata!  Non maledetta! >>   Miriam non fare la vittima, si impone la ragazza!  
<< Non hai nulla da temere >>  le aveva detto l’angelo.
Nulla da temere, si ripete Miriam:  << Non temere Miriam, beata fra le donne! >>
Come un soffio, come una leggera brezza le parole risuonano sulla collinetta, formano un vortice caldo intorno a Miriam.
<< Non temere Miriam, Miriam la beata, Miriam la prescelta! >>
La ragazza respira profondamente, racchiude le parole pronunciate nello scrigno del suo cuore.   Il respiro le è ritornato normale, ritmato dolcemente dai suoi battiti.   Sollevata, risollevata, si rialza.   Ora non è più la ragazzina di Nazareth debole e fragile, ma Miriam, la forte, la passionaria, la madre!
Un amore grande, intenso, immenso ormai l’ha presa, l’ha coinvolta per sempre.
Niente ormai potrà più smuoverla dalla decisione presa in quella stanza.   Il timore è stato solo di un momento, la paura solo di un istante.
Affrontare la sua nuova vita, segnata e disegnata da una volontà più grande di lei, dalla Volontà più alta, sente che può, perché è……..amata, amata grandemente.
Un  amore che ricambia con tutta se stessa, con forza, con ardore, con passione.
Dio l’ha chiamata per nome, l’ha dichiarata beata, l’ha attratta a sé.
Come resistergli e non seguirlo?
La sua, forse, sarà una strada impegnativa, un percorso doloroso, ma, come non intraprenderlo, se quest’Amore le dà sicurezza, la rende pronta a superare qualsiasi barriera, a scalare qualsiasi montagna?  Come non provare?
 << Avanti, Miriam, non temere beata fra le donne! >>, si dice con enfasi: << Dio è il tuo scudo e la tua forza: ti sorreggerà sempre! >>
 
Natale 2011 – Pina Giacalone Teresi
 

La Commissione Culto Divino cura il luogo dove si svolge il culto, si prende cura di tutti gli arredi sacri della nostra chiesa, degli addobbi floreali  e si adopera per renderla accogliente.

 

 

 

La Commissione Informazione e comunicazione studia come dare visibilità all’operato della nostra parrocchia  e la comunicazione all’interno e all’esterno.